I MIRACOLI DI NONNA LAURA

89 anni, la dottoressa Perna vede il suo ambulatorio trasformato finalmente in un ospedale. Ma a Kimbondo c’è ancora molto da fare. E lei non smette di battersi,vuole continua a ripeterlo:
(<Vedrete, l’ospedale pediatrico di Kimbondo è una realtà straordinaria un miracolo di generosità>>. Jole Cisnetto è la manager culturale che, due anni fa, con l’~ associazione Amici di Cora (di cui è presidente onorario e’ Francesco Cossiga) «Sono felice di sostenere Kimbondo>>,racconta Jole. <(Mi sono innamorata di Laura Perna, la dottoressa oggi quasi novantenne che ha creato l’ospedale,quando l’ho incontrata in occasione di un premio. Ho deciso subito di aiutarla. L’anno scorso sono riuscita a donarle uno strumento per ecografie. Quest’anno anno istallato un gruppo elettrogeno da 100 kilowattora. Così tutti i padiglioni, le case, i macchinari dell’ospedale avranno elettricità costante.E si potrà far arrivare acqua potabile da una sorgente che si trova nel terreno dell’ospedale, quattrocento metri più in basso, in fondo alla vallata.Lo dobbiamo alla generosità di un industriale romano, Enzo Benigni, titolare di Elettronica SPA,che ha coinvolto i dipendenti trasformando in solidarietà i regali natalizi». A Kimbondo,villaggio sulle colline a 30 chilometri dalla capitale Kinshasa, accanto a Laura Perna, 89 anni, che tutti chiamano MamaCocò, lavora padre Hugo Rios Diaz, 59,condirettore della struttura. Mama Cocò vive nella prima casa che si vede una volta entrati, padre Hugo dorme nell’edificio più basso, affacciato sulla vallata, dove ci sono alcune stanze per i volontari e per i medici di turno. Tra le prime italiane a diventare primario e salire in cattedra,nominata Grand’Ufficiale dal presidente Scalfaro, la dottoressa Perna è in Africa dal 1982, quando, sulla soglia della pensione, abbandonò la direzione dell’istituto di Pneumologia dell’Università di Siena, per dedicarsi al sogno di tutta una vita, fare la missionaria laica.Padre Hugo lasciò giovanissimo la sua ricca famiglia cilena per entrare nell’ordine clarettiano, mentre studiava da medico e psichiatra. Grazie al loro incontro, il piccolo ambulatorio, creato da Laura Perna come centro di nutrizione, e’ diventato un ospedale la cui fama corre in tutto il Paese: Kimbondo oggi ha dodici padiglioni,tra cui uno per la Tbc e uno per l’Aids,una cardiologia, un piccolo centro trasfusionale, un reparto traumatologico, un archivio ricchissimo di dati e notizie su tutti i bambini. Ci lavorano più di cento persone, tra infermieri, medici (4 assunti in modo stabile e 4 specialisti che vengono 2 volte la settimana), cuochi, guardiani ,giardinieri. E addette alla cura dei piccoli.Capitava e capita ancora, che arrivino bambini così malnutriti da non riuscire a salvarli più, per la disperazione di Mama Cocò, padre Hugo e dei loro collaboratori. Accade anche durante la nostra visita: un neonato, di poche settimane, non sopravvive. Padre Hugo, prima della Messa mattutina, incaricherà uno dei ragazzi di procurare una piccola bara. La Pediatria è diventata, suo malgrado, uno dei più grandi orfanotrofi della regione. «Fino a pochi anni fa non c’erano orfani,in Congo: se un bambino perdeva uno o entrambi i genitori, lo accoglieva la famiglia allargata, dove non mancava mai un angolo di pavimento per dormire e una porzione di fufu [la polenta di maniaca che è il piatto nazionale, ]. Ma la guerra civile, l’Aids e l’alcol hanno sterminato le famiglie>>. Padre Hugo conosce uno a uno cinquecento ospiti dell’orfanotrofio. Ne conosce i nomi le storie, le paure.«E poi c’è la piaga dei bambini considerati stregoni: madri e padri incolpano un figlio di tutti i guai, miseria, malattie,:disgrazie li torturano, li mutilano,li abbandonano».Dopo 40 anni di insegnamento e ricerca in Italia, la prima esperienza in Africa fu nel 1982, con i Curti, nell’ospedale da loro fondato in Uganda. «Però, quando tornai per regolare la pensione, scelsi di andare in Camerun con una piccola comunità di suore. Lì incontrai per la prima volta padre Hugo; ci siamo incrociati due o tre volte,prima di metterei a lavorare assieme», sorride Mama Cocò. Dal 2004, dopo la rottura del femore, è costretta su una sedia a rotelle; ha un filo di voce, ma rievoca con memoria da elefante tutte le donazioni. Non ha dimenticato una lira, un centesimo di euro: dai primi 60 milioni offerti dal Vescovo di Siena, ai doni di decine di associazioni, individui, enti pubblici, diocesi, banche, aziende, istituzioni internazionali, come la Banca Mondiale e la Commissione Europea.Padre Hugo, sin dal primo istante, ci ha imposto più che chiesto,con tutta la dolcezza del suo sguardo bambino, di «raccontare l’essenza, non gli aspetti esteriori della Pediatria,l’amore non le medicine che offriamo ai nostri bambini>>. Coltiva utopie antiche,parla di teologia della liberazione, della Chiesa che deve tornare povera, ascoltare tutte le voci, comprendere tutte le culture, «perché tutti hanno qualcosa da insegnare». Indossa costantemente il camice immacolato del medico, lo toglie solo mentre dice Messa. <<Mi rispettano come un doppio stregone: della parola, perché sono sacerdote, e del corpo,perché medico>>.Tra qualche settimana verrà in Italia, per accompagnare alcuni bambini che saranno operati da chirurghi italiani. Parlano con una sola voce, lui e Mama Cocò, quando dicono: «Anche se non li conoscete, voi in Italia siete le madri e i padri di questi bambini>>. Jole Cisnetto aveva ragione:l’ospedale pediatrico di Kimbondo è una realtà straordinaria, un miracolo di generosità.